Questa galleria tematica ci propone le forme nascoste della natura avvolte nella metafora della nostra storia. Mio padre scolpiva radici, ormai molti anni fa. Ho voluto continuare il racconto. Riprendere dalle “mie radici” e proseguire nel “ridare vita” a ciò che era destinato alla lenta decomposizione, estraendo da esse nuove forme per una nuova bellezza.
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Questa radice, estratta nel 2008 in un bosco del Monte Cerano - val D’Ossola, Piemonte, è stata realizzata, dopo alcuni mesi di lavorazione, nel 2009. In questa scultura, dalle grandi dimensioni, si evidenziano i “contrasti” tra la parte lasciata grezza e la parte lavorata. Nasce così, nei movimenti che emergono, una miriade di opposti, un gioco di lucidi e opachi che le danno uno slancio multidirezionale dal forte impatto estetico.
Ci sono betulle che di notte levano le loro radici, e tu non ci crederesti mai che di notte gli alberi camminano o diventano sogni.
Alda Merini
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È il nome della pianta di questa radice, una pianta di poco pregio, anzi un infestante. Tuttavia, lavorando la sua radice, sono emerse venature e forme che, pur mantenendo una solida compattezza, danno un forte movimento alla scultura. In esse ho ritrovato la solidità delle montagne della Val D’Ossola, terra da dove è stata estratta. “Robinia” ridà quindi bellezza e valore ad una pianta arrivata in Europa dal Nord America, considerata di poco valore e utilizzata solo come legna da ardere.
Una radice è un fiore che disprezza la fama.
Khalil Gibral
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Strana creatura dalle esili e fragili forme. Da una radice in fase avanzata di decomposizione é emersa questa fragile scultura. Questa sua “deformità” la pone lontana dai canoni della bellezza ma le sue asimmetrie, le fratture evidenti, questo suo sgraziato movimento danno al volume complessivo dell’opera una grazia inaspettata.
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Una sintesi di movimenti in verticale richiamano e mi ricordano il labrador dal nome Paco che per quindici anni ha accompagnato la vita della mia famiglia. Mano a mano che lavoravo questa radice intravedevo, percepivo, sinuosità e agilità che mi erano familiari. Via via emergevano forme conosciute. Pur facendo ricorso ai file della memoria, non riuscivo a collocare queste sensazioni poi, quando sono arrivato all’essenza della radice, mi è parsa nitida l’associazione forma/ricordo: erano i movimenti di Paco! La fase finale di questo lavoro è stata quindi dedicata a far emergere e a definire, nei particolari, tali movimenti e le leggerezze del nostro meraviglioso Paco.
È bello girare la collina insieme al cane: mentre si cammina, lui fiuta e riconosce per noi le radici, le tane, le forre, le vite nascoste moltiplica in noi il piacere delle scoperte.
Cesare Pavese
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Una leggerissima scultura da parete, un’edera avvolgente, un intersecarsi di sottili fili, ricordo di una pianta che non c’è più. L’edera ha una vocazione naturale ad avvolgere, serrare e distruggere. Questa scultura ripropone la ragnatela verticale che imprigiona l’albero. Il rosso, colore dell’amore, modificando la bianca cromaticità naturale dell’edera, sottolinea la contraddizione tra l’amoroso avvolgimento e la drammaticità distruttiva di questo incontro, che la natura ci propone.
L’amore è una pianta rampicante che muore se non ha nulla cui aggrapparsi.
Proverbio giapponese
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Il trancio di edera propone due gruppi di danzatori intrecciati in un andare voluttuoso, la cromaticità naturale viene esaltata dall’uso di un coprente, bianco opaco e trasparente. La scultura posizionata a terra colpisce per il suo forte senso del movimento. Questo segmento di edera è stato sezionato da una grande ramificazione, come per fissare un frame di una rappresentazione più vasta e complessa: il frammento di una trama che avvolgeva una grande pianta: un momento di una tragica danza!
Danzavano così con i morbidi piedi, le ragazze di Creta …erano attorno all’ara amabile, battevano tenero il fiore d’erba.
Saffo VII sec. a.C.
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Un insieme di movimenti emergevano mentre lavoravo questa grande radice. La sinuosità di queste forme parevano rappresentare una danza dal ritmo dolce. La radice ha sprigionato così la sua essenza d’amore e, nella lavorazione, ho voluto accentuare il carattere ascensionale della danza cercando così di alleggerire e mitigare l’impatto originale di questa consistente massa lignea. Una sorta di crescendo piramidale che riesce a mantenere il ritmo dolce di una danza d’amore.
Danza dolcemente, perché il mio cuore giace sotto i tuoi piedi, amore.
John Francis Waller
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Realizzata nel 2015, questa scultura da parete richiama una fiamma lignea che si rivolge verso l’alto nella perenne ricerca di uno sfogo liberatorio. Ricavata da un grande frammento di corteccia, è stata “lavorata” in modo da esaltare queste sue increspature. Oltre a modellarne la forma, ho voluto conservare il suo colore naturale utilizzando un fissatore trasparente opaco per valorizzare la sua naturale bellezza. Questa scultura è stata esposta nella mia prima mostra personale, che si è svolta a Milano nell’ottobre 2015 presso la Galleria dell’Orso.
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Un frammento di edera ci propone un’immagine intensa. In questa scultura l’edera si stringe, si intreccia e si respinge in un forte movimento contorsivo, tipico dell’edera: avvolgersi e, contemporaneamente, distanziarsi. Nel lavorare questo segmento proveniente da una imponente edera che avvolgeva una grande pianta ho voluto “fissare” questa sua naturale plasticità. L’uso di un coprente bianco, opaco e trasparente mette in risalto la bellezza del movimento.
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Presentata nella mostra personale tenutasi nella galleria “Fatto ad Arte” di Milano nell’autunno 2017, questa scultura con i suoi esili “movimenti” evoca fregi e decorazioni che appartengono a mondi lontani. Il fissante trasparente lucido, simile alla laccatura, accentua in questa opera l’immagine orientaleggiante. Le sue dimensioni contenute ne esaltano la sintesi.
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