Le mostre

Radici. Forme nascoste della natura

Quando

18 Novembre 2016

Dove

Largo Gustav Mahler - 20136 Milano
Radici 2016 Roberto Vallini

Ritroviamo, in questa nuova “uscita” di Roberto Vallini la stessa puntuale attenzione nei confronti dell’ambiente, della natura, la stessa “curiosa creatività” e il desiderio, comunque, d’intervenire, che caratterizza la sua poetica e il suo fare.
Così, continua a ricercare e a rielaborare, sempre con semplici strumenti, quelle parti dei vegetali che hanno avuto l’indispensabile compito di assorbire sostanze,minerali e acqua… finché la parte aerea ha vissuto, ma ce le propone in un altro racconto.
​Le sue ”radici”- e piace quasi avvalersi dell’ambiguità di questo termine -, non sono più solo quelle di/in Casale Corte Cerro (fra il Monte Cerano e il Mottarone, nelle Alpi Pennine che lo hanno affascinato ed avvicinato a questi particolari naturfatti disseminati sul terreno e che proprio la natura ha già in parte “lavorato”: radici di castagno autoctono o di infestante robinia… Né solo quelle, particolari, “a fuso” dei cipresseti di Castellina, in Chianti….
Roberto, ormai, va a caccia di questi curiosi ed intriganti “organismi”, non sempre sotterranei, dovunque lo portino i suoi viaggi, repertando quasi quelle delle diverse specie arboree che caratterizzano i diversi luoghi che ha modo di conoscere: ecco allora radici “fresche” di ciliegio e di lentischio ma anche tronchi di glicine, ceppi svuotati o legni già lavorati dal mare. Raccolti in Grecia, sulle spiagge di Milos e di Sifnos… su quelle di San Francisco e sulle rive dell’Hudson (e siamo negli Stati Uniti); e, ancora, su rive ancor più esotiche: di Nosy Be’ in Madagascar (le radici di quegli straordinari Ylang Ylang dai quali si ricava quell’essenza che permane quasi anche nei lacerti abbandonati sulla battigia); di Lanikai nelle Hawaii… di Hshuaia (la città più meridionale del mondo, in Argentina: e non ci si può non domandare da dove arrivino questi consumati legni).
Ora, dopo aver portato questi piccoli/grandi “reperti” in laboratorio, abolite le parti marcescenti, ed arrivato, “a forza di togliere”, ad una “sintesi della radice”, lavorata poi con cere, lucidi e opachi a valorizzare concavità ed aggetti, sempre rispettando la forma che emerge, sottolineandone le venature ed accondiscendendo ai segreti profumi, Roberto ce li propone in sempre armonici insiemi ma non più tridimensionali.
Non più solo scultore, dunque. Impagina così le “sue” forme, sempre dall’affascinante linguaggio astratto, in geometriche tele su cui interviene con campiture dalle più adatte cromie per sottolinearne le qualità materiche e formali: anche questi “apparati radicali” raccontano, a chi sa “guardare”, fiabeschi paesaggi e suggeriscono inaspettate immagini, antropomorfe o zoomorfe.
E ci ritorna alla mente il flessuoso collo di volatile - una cicogna bianca? – riproposto da una scheggia di radice di Acacia, ritrovata nel Parco di Serengeti, in Tanzania. Roberto non volermene per questa “attribuzione”/descrizione!!! D’altro canto è una tua “scelta” che l’interpretazione sia affidata a chi guarda e la titolazione demandata al fruitore, ponendoti così in una poetica posizione acritica, nella tensione di dare un’autonoma espressività ad ogni pezzo, come hai sempre sottolineato.
Ad un anno di distanza, ci si trova allora davanti a “nuove”radici: ancora dall’inaspettata dimensione poetica ma soprattutto a nuovi, intriganti racconti.
Lasciato il suo ruolo di impegnato giornalista, la penna, la macchina per scrivere, il computer, il medium televisivo eccolo riproporsi, felicemente, in veste di affabulatore: le sue mani – la mente e il cuore, la sua sensibilità dunque – al servizio di una “personale” comunicazione. Per tutti,grazie ad una materia legnosa, a naturfatti, che diventano grazie a lui dei manufatti: testimoni, con nuova vita e profumi, ancora, di quell’albero che sorreggevano.
Anty Pansera

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